Per-corso di sostegno Adolescenti
La comunicazione efficace
A dispetto di quanto comunemente si possa pensare …. L’abito non fa il monaco!
Sebbene al giorno d’oggi l’aspetto esteriore e l’abbigliamento delle persone che incontriamo faciliti la prima impressione
riuscendone a dare un giudizio, ci rendiamo conto che ad influenzare tale impressione non è solo l’aspetto esteriore ma ci sono anche molti elementi non verbali: la postura, ma anche la distanza nello spazio, la voce, i segni sul corpo (es. tatuaggi), l’odore, l’ abbigliamento e tutti quegli elementi non linguistici che ci permettono di entrare in relazione con l’altro. Spesso usiamo questi segnali come una modalità di controllo, in quanto manifestazioni più chiare di uno stato emozionale rispetto alle parole. Possiamo dunque affermare che produzione linguistica e linguaggio non verbale sono aspetti complementari di uno stesso processo: dove il linguaggio verbale non sempre è abbastanza esplicito ci si aiuta con il linguaggio non verbale. Quel tipo di messaggio, che può essere percepito in pochi secondi, perché per sua natura sfugge e si rende invisibile, è il primo attraverso cui l’individuo si mette in relazione con gli altri.
La comunicazione non verbale si attua attraverso i gesti, la prossemica (cioè il rapporto dell’uomo con lo spazio personale), la paralinguistica (cioè l’insieme di tutti i suoni e rumori emessi durante messaggio verbale, come battere i piedi sbuffare, schiarirsi la gola, modulare la voce), e soprattutto la mimica facciale. L’espressione assunta dal volto può essere indicativa di ciò che proviamo o che fingiamo di provare. A chiunque può capitare di dover affrontare un colloquio di lavoro o un discorso davanti a un pubblico, che può approvare o disapprovare le nostre proposte o idee. In queste occasioni, se ci si trova in uno stato di disagio, o se le nostre parole non vengono accompagnate dal corpo nel modo giusto, potrebbero creare tensione nell’ altro, il quale potrebbe anche interrompere la sua disponibilità all’ascolto o all’accettazione. Il toccarsi zone del viso o manipolare gli oggetti intorno, per esempio, secondo alcuni può portare in superficie emozioni nascoste o inconsce. Molte ricerche hanno inoltre evidenziato che una parte del cervello è specializzata nel riconoscimento dei visi umani, e che il volto con le sue micro-espressioni facciali è la sede primaria per manifestare emozioni; il corpo darebbe meno informazioni del viso e la voce meno delle parole. Questo è bene evidente nelle dinamiche relazioni …sia tra gli innamorati sia nelle situazioni conflittuali dove uno sguardo vale più di mille parole. Comunicare in maniera efficace riuscendo a carpirne i segreti e le strategie, rende le nostre relazioni efficienti e trasparenti evitando i non detti e/o fraintendimenti causa spesso di conflitto relazionale.
dott.ssa Paola De Fusco
Psicologa iscritta con n° 8032 all’Albo degli Psicologi della Campania.
“Cari genitori
perché non ci avete chiesto come stavamo? Perché non ci dite la verità? Perché sdrammatizzate ciò che ci crea dolore? Volete vederci? Volete ascoltarci?
Vi chiediamo di rispettare e comprendere la nostra rabbia e i nostri silenzi.
Vorremmo che ci trovassimo un tempo solo nostro per parlare di questa cosa e vorremmo che foste voi a chiedercelo!
Non è colpa nostra!
Vorremmo avere voce in capitolo sui nostri spostamenti. Ci fa stare male che passate più tempo con altri/e piuttosto che con noi.
Ci sentiamo soli!
I vostri compagni ogni tanto ci stanno sulle scatole e sentiamo che non sono nessuno per dirci cosa fare
Ci mancano le festività insieme, abbiamo bisogno di entrambi perché siete il nostro ossigeno
Avremmo voluto essere stati preparati prima e dopo. Avremmo voluto la libertà di sentirci tristi e di poter piangere quando volevamo senza sentirci in colpa!!!”
Questa è la lettera che un gruppo di ragazzi ha realizzato in conclusione del gruppo di parola per figli di genitori separati.
Spesso in sede di separazione i coniugi non si rendono tengono conto dell’indicibile e invisibile dolore emotivo dei figli e della loro impellenza di rendere dicibile ciò che non lo è!
Spesso non si ha la consapevolezza che si può non essere più marito e moglie ma si rimarrà per sempre genitori.
Spesso i coniugi si chiudono nel loro dolore escludendo i figli nel tentativo di tutelarli sortendo piuttosto l’avverarsi di ciò che più temono…… il loro malessere e disagio emotivo.
Il Gruppo di Parola è un’enorme risorsa da offrire ai propri figli per aiutarli nella gestione della separazione e del cambiamento familiare consentendo loro di esprimere ciò che vivono attraverso la parola, la scrittura, la lettura, il disegno ma anche il gioco.
È importante riconoscersi e confrontarsi in un gruppo di pari.
È importante comprendere i cambiamenti familiari trasformando in parole sentimenti, inquietudini, paure nella speranza di un futuro diverso.
Dott.ssa Paola De Fusco
Psicologa iscritta con n° 8032 all’Albo degli Psicologi della Campania.
Covid-19: lasciare la nostra casa, dopo che è diventata il nostro unico rifugio sicuro, è molto difficile. Come ritornare alla “normalità”?
”e se poi posso uscire…… e se mi dicono che le restrizioni non sono più così limitanti ed io ho la
possibiltà di uscire, cosa faccio?”
Questa è solo una delle infinite domande che oggi, nella fase 2, ci poniamo.
Lasciare la nostra casa, il nostro nido è molto difficile. Per tutto il tempo del lockdown è stato l’unico
luogo dove ci potevamo sentire al sicuro. C’è chi si è abituato con fatica, chi invece si è abituato con
meno problemi. Tutti abbiamo cercato di abbellire la “nostra caverna” per rendere questo tempo
meno cupo, meno angoscioso. Ciascuno ha messo in atto le proprie strategie per sopravvivere,
chiusi in casa, alla propria angoscia determinata dalla lotta impari con un nemico invisibile. Un
nemico che, come nel più strabiliante film fantasy/apocalittico, può trasformare la persona che più
amiamo come il coniuge, un familiare o un amico nel nostro più acerrimo nemico.
Allora cosa abbiamo fatto?
Ci siamo inventati una vita al chiuso cercando di riempirla con la visione di film, lettura di libri,
coltivando quello che pensavamo fossero nostri hobby per scoprire poi che non lo erano …., video
lezioni didattiche ,di pilates, meditazioni, videochiamate con propri affetti attraverso whatsapp,
zoom , skype. Tutto sembrava prendere una nuova routine alla quale ci stavamo quasi, quasi,
abituando mentre il mondo fuori continuava senza di noi, l’aria più leggera, mari e fiumi più limpidi,
senza smog, senza inquinamento acustico…. Quasi come se la terra, senza la presenza dell’uomo
abbia avuto la possibilità di tirare finalmente un sospiro di sollievo.
Ora cosa succederà?
Nessuno lo sa, si dice che sicuramente presto tutto tornerà come prima, ma è esattamente così?
Niente potrà essere come prima, non si può tornare indietro ma con fatica si andrà avanti!
Si, si andrà avanti con gran fatica perché abbiamo paura di uscire di casa, unico luogo dove ci siamo
sentiti al sicuro, ora che possiamo ci sentiamo come in una roulette russa nello sfidare la sorte.
La “sindrome del prigioniero” come è stata chiamata non colpisce solo chi è stato costretto a lunghi
periodi di degenza ma qualsiasi persona anche quelli che non hanno mai manifestato disturbi
psicologici; basti pensare all’aumento dell’ansia o della paura legata più o meno al disturbo del
sonno.
L’ansia e la paura possono essere legate all’ambiente esterno che può essere visto come pericoloso.
“ Chi mi dice che nonostante i mezzi di protezione possa infettarmi o infettare a mia volta qualcuno?”
“ Sto forse diventando ipocondriaco?”
Dubbi senz’altro attinenti ma che non hanno risposta certa e che avviluppano il pensatore nella
paura della paura. E’ necessario strategicamente ‘riorientrare’ il pensiero per scoprirne le
potenzialità.
Chi può esserne maggiormente a rischio?
Tutti noi lo siamo ma sicuramente in maggior misura coloro che hanno meno capacità di
adattamento o che hanno meno strumenti per poter affrontare una realtà così complessa.
Sicuramente, come è stato detto “ siamo tutti nella stessa tempesta e non ci si salva da soli !
Il problema “ è collettivo” e mi immagino che con aiuti psicologici competenti messi in atto dalle
istituzioni , dalle strutture territoriali nonché dai singoli specialisti se ne possa “ uscire” e tornare
ad una nuova realtà!
Dott.ssa Paola De fusco
Iscritta all’Albo degli Psicologi della Campania con N° 8032
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